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GIORNO DEL RICORDO

Dai ricordi più dolorosi un seme di pace

Qualche tempo fa, visitando l’ex Campo di Fossoli, ciò che resta di un luogo che a buon titolo potremmo considerare l’anticamera dell’Inferno per tanti ebrei italiani e dissidenti politici del fascismo, mi colpirono le piccole strutture sopravvissute al tempo che poco avevano a che fare con un campo per “deportati”. Il mio accompagnatore, un membro e storico della Fondazione Fossoli, mi spiegò il perché. “Questo è stato il villaggio Italia. Qui furono mandate le famiglie degli esuli giuliani, dell’Istria e della Dalmazia fuggiti dalla pulizia etnica di Tito”, mi disse aprendo nella mia mente il ricordo, per quello che conoscevo, del tristissimo episodio (se così si può chiamare) delle “Foibe”.

Mi resi conto che pur cercando di capire mi ero concentrato su quanti erano morti in fondo a queste cavità carsiche, le foibe appunto, che avevo anche visitato e cercato di raccontare con l’aiuto di testimoni locali e storici. Mi era sfuggita la parte più consistente: la vita degli italiani costretti dalla paura, dal terrore, dalle scomparse di parenti e amici, a lasciare le loro case, le loro cose, le loro radici.

Il “Giorno del Ricordo” è la possibilità, un tentativo che dobbiamo fare oggi per colmare questa lacuna. Il rischio è di parlare delle foibe e degli infoibati e tralasciare tutto il prima e il dopo. Esercizio complesso e difficile quello della “memoria”, soprattutto se le ferite sanguinano ancora e i testimoni sono ancora tra noi a raccontarli, quei giorni.

Una delle immagini che rappresentano quella pagina tragica della nostra storia è quella di una bimba che tiene tra le mani un ombrellino e una valigetta di cartone sulla quale era stato scritto “Esule Giuliana”. Quell’immagine è stata replicata su centinaia di manifesti e rilanciata centinaia di volte, accostandola a frasi e slogan più disparati.

Per ignoranza, per propaganda, per ideologia, per tutta una serie di fattori di cui non vogliamo parlare per non cadere in sterili polemiche, quelle famiglie, quei bambini, furono talvolta rifiutati o più spesso male accolti, se non “ghettizzati”. Fossoli, tra le altre cose, oggi mi fa pensare proprio a questo: a come siamo stati capaci di innalzare anche noi, gente uscita dalla guerra con tante ferite e tanta povertà, tanti muri di indifferenza, se non addirittura di odio.

La lezione che dobbiamo oggi condividere con i nostri figli è proprio questa: le vicende umane sono molto più complesse di quello che sembrano; la “storia” è molto più complessa di quello che sembra. Ma noi dobbiamo sempre partire dall’umanità che ci contraddistingue, che non è solo intelligenza, raziocinio, ma anche e soprattutto cuore, empatia. Solo così le vicende del passato che tornano a bussare alla porta della nostra esistenza potranno finalmente insegnarci qualcosa, perché come ricordato dal presidente Mattarella “Anche il ricordo più doloroso può diventare seme di pace".

Roberto Zoppi
Responsabile Ufficio Stampa Nazionale AGeSC