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Test Invalsi: preoccupati da un modello di bambino-azienda molto discutibile

Frare, presidente Agesc: «Così si vogliono orientare i bambini al lavoro anziché alla vita. Abbiamo urgente bisogno di un nuovo umanesimo per superare la crisi valoriale che ci attanaglia da tempo»

Le prove Invalsi per la scuola primaria hanno suscitato un vespaio di polemiche, sia tra addetti ai lavori che tra esponenti del mondo mediatico. «Finalmente molti altri, oltre noi, si accorgono della deviazione che Miur e Invalsi stanno imponendo alla scuola, con l’imposizione di un pensiero unico che guarda più ad un sano realismo capitalista che ad una formazione integrale della persona». Questa la forte preoccupazione espressa dal presidente nazionale dei Genitori scuole cattoliche, Giancarlo Frare. Motivata dalla pubblicazione dei test rivolti ai bambini con domande del tipo «nella vita riuscirò a fare ciò che desidero? Riuscirò a comperare le cose che voglio?» E suffragata ieri a Roma durante la presentazione del libro “Leadership per l’innovazione nella scuola. I protagonisti e le leve del cambiamento: dirigenti e docenti, formazione e tecnologie” a cura di Francesco Profumo, alla quale era presente Frare. All’incontro è intervenuta una rappresentante dell’Invalsi per informare che le prove per le primarie sono terminate e sottolineare che «finalmente si sono tenute regolarmente su tutto il territorio nazionale grazie al potenziamento dei collegamenti internet ». Di primo acchito sembrerebbe una buona notizia. «Purtroppo si deve rilevare – prosegue Frare – che oltre a banali errori nei test, puntualmente segnalati dalla rete, sono state formulate domande inopportune per i nostri bambini della fascia 6-10 anni, relative al loro futuro. Le domande riguardavano il conseguimento del titolo di studio desiderato, i soldi per vivere e acquistare quello che si vuole: insomma poter fare ciò che si desidera. La fabbrica del quality totally management ministeriale ha però una impostazione materialista del futuro, per la quale i sogni vengono mortificati insieme alla fantasia che dovrebbe essere un alimento primario per la crescita di ogni bambino. Obtorto collo, dobbiamo registrare il fenomeno dell’orientamento al lavoro fin dalla scuola primaria, piuttosto che alla vita, ai valori umani fondamentali, alle speranze che possono motivare idealmente le nuove generazioni e che si dovrebbero declinare nel fare quotidiano arricchito di una visione più ampia della vita stessa. La nostra società ha bisogno di umanesimo per superare la crisi valoriale che ci attanaglia». Portare nella scuola italiana un modello consumista e opportunista fin dalle elementari, dominato dall’avere anziché dall’essere, senza spazi per immaginare qualcosa di diverso nella vita che non sia fare soldi, appare una via senza sbocco educativo e formativo. Rimaniamo in attesa dei dati Invalsi, sia sull’apprendimento reale dei ragazzi, che sulle loro risposte ai test citati, che potrebbero moltiplicare l’amaro che già abbiamo in bocca e costringerci a riflettere sul progetto educativo non solo scolastico, ma anche familiare, che faticosamente portiamo avanti tra le mille difficoltà generate dal pensiero unico dominante.