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Celebrazione dei defunti, momento che vale e va vissuto con molta profondità

Le scuole cattoliche affrontano l’argomento con estrema delicatezza, dando agli studenti gli strumenti per elaborare il lutto, trasformarlo in risorsa e continuare così il proprio personale percorso di crescita

Domani si celebra la ricorrenza dei Defunti. La morte non è solo la fine dell’esistenza, ma anche la capacità di far fronte ad un avvenimento importante, sia dal punto di vista antropologico che da quello religioso. Un argomento che le scuole, specialmente quelle cattoliche, trattano con estrema delicatezza. Compito degli educatori è quello di dare gli strumenti per aiutare i più piccoli ad elaborare il lutto e trasformarlo in risorsa per continuare nel percorso di crescita. Secondo madre Camilla Zani, a lungo Madre Generale delle Suore Adoratrici, «cerchiamo di parlare di vita, specialmente di quella dei Santi che l’hanno donata agli altri e che ora, sono accanto a Gesù diventando nostri protettori, piccole stelle che illuminano il cammino».

Anche per il Presidente della Commissione Episcopale per la dottrina della fede, monsignor Erio Castellucci, «la morte è una domanda per tutti, ma ognuno elabora la propria risposta. Per noi Cristiani la risposta l’ha data il Signore, dobbiamo affrontarla non come un muro ma come un ponte. La cosa più importante è il commiato ovvero l’ultimo saluto. Il grado di civiltà si misura per come viene accompagnata la fase finale della vita, per come vengono trattate le persone deboli, quelle fragili e forse perché non c’è fragilità più grande del dolore dei parenti, degli amici e di coloro che soffrono. È importante che questo saluto diventi quindi un incontro. Tutto ciò che accade in quelle ore in cui le persone apprendono della morte di un loro caro e in quelle successive in cui bisogna organizzare il commiato, resta inciso per sempre nel loro cuore. I volti che compaiono, dall’amico, al sacerdote, all’operatore sanitario, tutto questo ha un’importanza speciale, perché resta indelebile. Anch’io personalmente ho ben chiaro il ricordo dei miei cari. In quel momento ricordo la scena della deposizione di Gesù dalla croce che spesso viene rappresentata in molte sculture. Quando Gesù, che rappresenta tutti noi, viene consegnato a Maria, in quest’abbraccio stiamo toccando la fase più delicata della vita delle persone, non solo di coloro che debbono presentarsi davanti al Signore ma anche di quelliche debbono accompagnare e vivere questo momento. Ci sono attimi della vita che valgono tanto e quindi vanno vissuti con molta profondità».

Ma nelle scuole paritarie ci sono anche altre religioni come quella Ebraica, il Rav Beniamino Goldstein racconta che questo è un momento molto importante che riguarda la famiglia e la persona in cui c’è l’ultima separazione dal punto di vista fisico. La maggior parte delle regole riguardano il lutto dei parenti che verrà dopo: sette giorni, trenta o un anno intero per i genitori. Le regole del lutto sono regole per la famiglia che accompagna e ricorda la persona che è venuta a mancare e questo è importante. «Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Signore!».

Anche se non sempre si riesce a capire. Don Renato Mion assistente nazionale Agesc conclude sottolineando che il ricordo dei nostri defunti ci apre la porta luminosa sul mistero dell’Aldilà, che oltre ad essere un archetipo presente in tutte le culture, per noi cristiani è il ritorno alla casa del Padre da cui siamo partiti al momento della nostra chiamata alla vita per l’amore di due genitori, che ci hanno pensato e hanno incominciato ad amarci ancor prima della nostra venuta alla luce.