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Con gli stanziamenti economici “irrisori” stiamo scrivendo la parola FINE sulle scuole paritarie

Purtroppo per molti istituti la pietra tombale sembra oramai calata e oramai siamo arrivati al crepuscolo della sfida educativa

Molte delle scuole paritarie, senza risorse “pesanti” da parte del governo, a settembre non riapriranno. Non sarebbe solo la fine di un mondo, ma la fine di un paese. Perché sul Covid le scuole statali possono sopravvivere anche raddoppiando i costi, non quelle paritarie. Il tema sembra tecnico e complicato, ma in realtà è molto semplice: la scuola pubblica italiana si regge sia sulla scuola statale che su quella paritaria. Quest’ultima conta 12mila scuole, 180mila lavoratori e soprattutto 900mila studenti tra scuole dell’infanzia, primaria e secondaria. Basterebbe leggere questi numeri per capire che senza le scuole paritarie ci sarebbe un consistente aumento dei costi a carico dello Stato, che dovrebbe provare a far fronte, con l’attuale corpo docente, gli attuali spazi e gli attuali servizi, ad un aumento di 900mila studenti. E sappiamo tutti benissimo che la scuola statale non sarebbe in grado di sostenere questo sforzo, anzi rischierebbe il collasso. Per non parlare di 180mila lavoratori che perderebbero il posto di lavoro.

Nel decreto Rilancio si prevedono 70 milioni di finanziamento anche per le scuole paritarie. Bella notizia. Resterebbero tuttavia alcune disparità incomprensibili, come quella relativa al fatto che questi finanziamenti siano riferiti solo «fino ai 16 anni», ovvero all’obbligo scolastico. Incomprensibili perché invece per le scuole statali lo Stato finanzia fino alla fine del quinto anno, e non solo fino ai 16 anni. Una disparità che la dice lunga sui pregiudizi ideologici che ancora circolano. Nonostante le proteste dello stesso Luigi Berlinguer (relatore all’ultimo Consiglio Nazionale dell’Agesc) che diede un dispositivo che battezzò appunto la legge sulla parità scolastica risalente all’anno 2000, le scuole pubbliche non statali sono rimaste alla mercé dell’elemosina annuale, relegate in serie B.

È meglio che sia così, penseranno le élite, così i figli della povera gente restano esclusi dalla più interessante delle libertà: quella di decidere dove e con chi tirar fuori, alimentare, istruire, le menti e i cuori.
E d’altra parte, in una legge sulla scuola del 1962 lo Stato dichiara di «non possedere una propria linea educativa »: agli insegnanti dovrebbe essere riconosciuto uno status non di impiegato statale ma di professionista autonomo. Solo così la libertà di chiamata dei docenti ha un senso. È una strada da studiare. Purtroppo la vitalità cattolica si misura esclusivamente su questo punto: sulla lotta per mantenere acceso in Italia il lumicino fumigante della libertà di educazione. Oggi in Parlamento non c’è quasi nessuno a sostenerla .

In Francia – paese iperlaico e perciò finanziatore delle scuole cattoliche, vide in prima linea, (nel corteo che sfilò con milioni di cittadini da Parigi a Versailles) il primate della Chiesa di Francia cardinale Jean-Marie Lustiger, allorché «il ministro francese dell’istruzione Savary propose una riduzione degli aiuti statali all’istruzione privata. L’arcivescovo, allora, organizzò una protesta di massa a Versailles. Poco dopo si ebbe la caduta del governo Mauroy».

L’Agesc si sta muovendo con la petizione “Io ci sto” che ha già raccolto quasi 30mila firme, una campagna di sensibilizzazione per la libertà di educazione. Con questa petizione si chiede la detraibilità integrale delle rette pagate dalle famiglie per la frequenza scolastica e per i servizi educativi nelle scuole paritarie nel corso del 2020, l’istituzione di un fondo straordinario per la erogazione di contributi aggiuntivi alle scuole paritarie per l’anno scolastico 2019/2020, l’azzeramento delle imposte (Ires, Irap) e i tributi locali nel 2020, per tutte le realtà educative e scolastiche no–profit.
Visto che nel decreto si parla di tutta la scuola, statale e non statale, con risorse aggiuntive per le scuole paritarie probabilmente riusciremo nel futuro a parlare di quello che nel nostro paese manca veramente: una vera libertà di scelta educativa.
Ma purtroppo per molti istituti la pietra tombale sembra oramai calata e oramai siamo arrivati al crepuscolo della sfida educativa.