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«Giusto non discriminare, ma non si può cancellare la natura della famiglia»

È in atto un’operazione ideologica con pretese egemoniche: una pericolosa declinazione concreta della «dittatura del relativismo»

In queste settimane si è parlato molto delle discriminazioni a causa dell’orientamento sessuale. Il gruppo dirigente dell’Agesc si è confrontato ampiamente su questo tema stigmatizzando trattamenti pregiudizievoli, derisioni, nonché discriminazioni nel lavoro e nella vita sociale.

Riprendiamo la sottolineatura del presidente Giancarlo Frare: «Siamo di fronte a una vera 'rivoluzione antropologica': un’ideologia, quella del gender, che intende condizionare tutta la società e la persona umana stessa. Sotto il lemma 'gender' viene presentata una nuova filosofia della sessualità: il sesso, secondo tale filosofia, non è un dato originario della natura, che l’uomo deve accettare e riempire personalmente di senso, bensì un ruolo sociale del quale si decide autonomamente. Maschio e femmina come realtà della creazione, come natura della persona umana, non esistono più. L’uomo contesta la propria natura. Uomo e donna, nella loro diversità, hanno sì pari dignità, ma sono differenti sotto il profilo fisico, psicologico, emozionale, e della stessa sensibilità personale. Tutta la loro natura è diversa».

È appunto la loro integrazione che li completa e li fa assurgere a riferimento per i bambini. Così come ha commentato Giancarlo Tettamanti, uno dei padri fondatori dell’Agesc: «In realtà anche le coppie omosessuali, allorché hanno figli, non possono che fare i conti con le differenze di genere maschile e femminile».

«Nel nostro Paese – ha proseguito Tettamanti –, così come nel resto del mondo, è in atto una strategia fatta passare come azione di prevenzione e di contrasto delle (presunte) discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere. Diciamo 'presunte' perché nel nostro Paese, come documentato dalle realtà Lgbt, sono un numero limitato, e perché il rispetto della dignità umana, e quindi anche degli omosessuali e transessuali, così come di ogni cittadino – uomo o donna, giovane o adulto – è garantito dalle leggi già in vigore, tanto a livello penale quanto a livello civile».

Ogni tipo di discriminazione è un atto intollerabile, e ferma e totale deve essere la condanna per ogni forma di discriminazione e di violenza. Ma diventa azione «delittuosa e anticostituzionale» introdurre un reato di opinione verso chi non si allinea con il pensiero Lgbt e continua a parlare di matrimonio eterosessuale, di madri e donne, papà e uomini.

Il problema, però, va oltre la presunta tutela dell’omosessualità. Si prospettano percorsi innovativi di formazione in materia di educazione all’affettività a partire dai primi gradi dell’istruzione sino alla terza età, costruendo un nuovo modello educativo con percorsi attuati da associazioni Lgbt aderenti all’Unar e accreditate come referenti. È evidente che non si può essere d’accordo con questo cammino formativo. Ognuno di noi ha il diritto di avere idee diverse e di dissentire dall’instaurarsi nella società di leggi che tendono a violare l’identità e la dignità della persona umana e a negare il diritto alla libertà di espressione del pensiero e del credo religioso, fondamento di tutte le libertà civili nel quadro costituzionale vigente. Va rispettata la libertà d’opinione e di giudizio, così come va tutelata la libertà di educazione e di formazione personale e comunitaria. Purtroppo, è in corso un’operazione ideologica che ha pretese egemoniche: tali per cui 'omofobo' non è chi offende una persona per le sue tendenze omosessuali, ma chiunque ritenga un valore la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna. In altre parole, la vera discriminazione oggi in atto è proprio verso un modello di famiglia aperta alla vita.

La famiglia capace di generare la vita non in virtù di un diritto ideologico e tanto meno di un processo costruito dall’uomo, ma come risultato naturale dell’incontro di una donna e di un uomo. In questo modo la trasmissione della vita avviene attraverso la procreazione naturale, che per sua natura non è discriminatoria sull’esito. In questa 'società liquida', così ben definita da Bauman, assistiamo a una pericolosa declinazione concreta della 'dittatura del relativismo'.