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La lezione di Elena: «Abbiamo riscoperto la nostra vera umanità»

Le relazioni al tempo del covid

Un portatile, una connessione internet per azzerare le distanze e portare a termine un percorso di studi e di vita. Un’esperienza unica e indimenticabile per Elena Pierini, torinese 25enne, figlia di una regione duramente colpita dall’epidemia, cresciuta nell’Agesc, ma che per un attimo ha pensato fosse tutto finito. «In un secondo tutti i miei sogni sembravano essersi spezzati. Ho avuto un momento di estremo sconforto, sapere che il mondo si era davvero fermato. Poi il mio sguardo si è allargato, ho riflettuto e sono cresciuta. Tutto era più chiaro, questo momento, come tanti altri nel corso della mia vita non poteva essere che l’occasione per mettermi alla prova e per uscirne vincitrice. Come tanti mi sono ritrovata improvvisamente sola e spersa, almeno questo è quello che all’inizio pensavo. Il sacrificio era necessario, ma nascondeva incredibili gioie. Ora ho tempo, per leggere il libro lasciato nel cassetto del comodino, per decidere chi voglio diventare da “grande”». L’11 marzo, nei primissimi giorni del lockdown, Elena, studentessa dell’Università Cattolica, inizia a scrivere la tesi magistrale per la laurea in Filosofia, che allora «vedevo ancora troppo lontana per crederla possibile», ammette. «Tuttavia – aggiunge – in modo del tutto inaspettato, la mia passione più grande ha iniziato a comandare le mie giornate. Ho letto tanto, ho studiato tanto. I miei sforzi, non solo mi hanno permesso di laurearmi a pieni voti, ma mi hanno soprattutto aiutato, nelle lunghe giornate fra le mura di casa, a tenere allenata la mente e a non abbattermi».

Ma dove è uscita la forza per andare avanti ed arrivare alla meta? «Contrariamente ad ogni apparenza – risponde Elena – la nostra epoca ha cancellato ciò che la tradizione cristiana designa con il nome di “carne”, con tutte le sue debolezze. Il nostro corpo, declassato ad oggetto-strumento sottomesso alla nostra volontà, o peggio, a materia da modellare

secondo le proprie voglie e desideri, si è ammalato. Nell’era della tecnica sapere che c’è ancora qualcosa che non possiamo controllare, ci ha permesso di scoprire una profonda verità: noi, uomini e donne, siamo esseri incarnati. La carne, è il luogo della vulnerabilità umana, e insieme, di un possibile incontro con l’altro. Il Covid-19 ci ha fatto prendere coscienza, di due elementi che sostanziano la vita umana. Anzitutto, il tema della cura che fa da fondamento all’agire medico. I medici si sono trovati in una situazione che nessuno aveva previsto. Hanno agito. E finalmente ogni paziente, ogni uomo, ha ritrovato nell’impegno di coloro che hanno rischiato sé stessi per l’altro, i loro custodi. Un secondo aspetto, invece, che ha riguardato tutti, anche i non amma-lati, è il fatto che non abbiamo potuto più guardarci negli occhi. Chi di noi non si è reso conto che il nostro desiderio per l’altro, che esige prossimità, vicinanza, è più forte di tutto ed è ciò che ci tiene in vita? Certo abbiamo resistito, abbiamo sopperito la vicinanza con la tecnologia, ma qualcosa di profondamente umano sembrava perdersi».

Elena è partita da qui per scrivere la sua tesi. Da un’idea che è diventata anche una riflessione sulla situazione di gravità della malattia che ci ha colpito e di lockdown. «Noi tutti siamo fatti di carne – spiega la giovane – se capiamo ciò che essa significa, possiamo ritrovare nella materia di cui il nostro corpo è fatto tracce della nostra vita più spirituale: l’amore, che esige una prossimità estrema e il desiderio di relazione con l’altro. Volevo dare l’occasione di mostrare anche agli altri la gioia e la saggezza che si può acquisire studiando». Ad majora Elena.