Prove INVALSI, la situazione - Aprile 2018
La situazione - Aprile 2018
INVALSI: a che punto siamo
Il punto di diesse di Libednews, anno 2017/2018, numero 8Uno dei fermenti che agita le scuole italiane nei mesi di aprile e maggio è quello legato allo svolgimento delle
prove Invalsi, che fin dalla loro prima applicazione, insieme a interesse e apprezzamento, hanno visto anche
critiche, condanne e anche talvolta un vero e proprio rifiuto da parte di insegnanti e studenti. Quest'anno
sono state introdotte alcune novità, anticipate già nel D.Leg. n. 62 del 2017, dove si annunciava che le
rilevazioni nazionali sugli apprendimenti nella classe conclusiva del I ciclo avrebbero riguardato, oltre che
Italiano e Matematica, anche Inglese (artt. 4 e 7). L'estensione delle prove all'ultimo anno del secondo ciclo
d'istruzione (art. 19) è però rimandata all'anno scolastico 2018/19.
Da quest'anno i quesiti non sono uguali per tutti gli studenti, bensì equivalenti nelle difficoltà, poiché vengono
attinti da una banca dati ormai notevole a disposizione degli autori Invalsi, con quesiti ancorati fra loro e
quindi misurati su una stessa scala. L’ancoraggio ha permesso di identificare in modo empirico una scala di
cinque livelli che descrive le abilità sondate dalle prove. Tali livelli, poi, verranno certificati individualmente
per gli studenti del terzo anno della scuola secondaria inferiore, e dall'anno prossimo per quelli del quinto
anno della scuola secondaria superiore, andando così ad integrare la certificazione delle competenze
elaborata autonomamente dai consigli di classe...
Le prove INVALSI e la libertà d'insegnamento in pericolo
Articolo pubblicato per Micromega online il 4 aprile 20181. Nell’ultima settimana di marzo l’INVALSI (Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema Educativo
e di Istruzione) ha pubblicato un documento intitolato: “Le prove INVALSI secondo l’INVALSI”, una
sorta di excusatio non petita, che rafforza, piuttosto che attenuare, alcune perplessità serpeggiate
tra i docenti più accorti.
La procedura di somministrazione dei test standardizzati, nei vari ordini di scuola, ha incontrato
in passato non poche difficoltà, dovute all’approssimazione iniziale con cui erano state
originariamente proposti (oggi riconosciuta dallo stesso INVALSI, che dichiara giustificabili le
prime reazioni di protesta degli insegnanti), ma anche a problemi di affidabilità dei quesiti.
Siamo di fronte a una questione spinosa e capace di chiamare in causa non soltanto il mondo
della scuola, ma l’intero dibattito politico. Troppo spesso è stato frainteso il ruolo e il significato
delle prove INVALSI. E questo recentissimo documento, prodotto dallo stesso istituto, nella
sua ambiguità strutturale lascia intravedere un fondo coerente, da interrogare.
L’incipit è immediatamente rivelatorio. Si afferma infatti che compito della scuola è quello di
attenuare le differenze sociali (con tanto di citazione testuale dell’articolo 3 della nostra
Costituzione). A questa premessa, evidentemente cautelativa, si aggancia – senza alcun
connettore logico – l’idea che una misurazione standardizzata e oggettiva possa far emergere
con chiarezza come e quali gruppi di studenti siano meno bravi ad utilizzare le conoscenze che
posseggono. Detto in soldoni, il ragionamento proposto è il seguente: poiché dobbiamo fare in
modo che tutti abbiano le medesime opportunità formative, in difesa del diritto all’istruzione,
occorre un ente che misuri in modo oggettivo se oltre a possedere delle conoscenze, queste
ultime siano “mobilitabili” in contesti problematici non ancora noti. Qual è il rapporto tra
l’articolo 3 della Costituzione e questa iniziativa di controllo? Proviamo a scavare, forse
troveremo qualcosa...
Le prove Invalsi secondo l’INVALSI
In breve (o per saperne di più)Nonostante i ragazzi vi passino più tempo che nella maggior parte degli altri paesi, la scuola non riesce
ad attenuare le disuguaglianze sociali di partenza. Secondo le indagini internazionali, una ragione
importante è che i nostri ragazzi risultano in media meno bravi degli altri nell’utilizzare quello che
hanno imparato.
Come se una parte della scuola italiana “facesse trenta, ma non riuscisse a fare trentuno”.
Prove uguali per tutti servono a capire dove c’è qualcosa da migliorare.
Non a caso si fanno in quasi tutti i paesi europei. Perché la scuola pubblica non può permettersi di
avere classi di serie A e di serie B.
Secondo l’articolo 3 della Costituzione “È compito della Repubblica rimuovere
gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini,
impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori
all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.” Una parte cruciale di questo compito è
affidata alla scuola, che aiuta a formare i ragazzi come persone, cittadini e lavoratori, e che è stata una
protagonista della trasformazione epocale vissuta dal Paese negli ultimi decenni. Una serie di segnali ci
dicono però che una parte della scuola italiana non riesce oggi a svolgere fino in fondo questo ruolo...