Aggressioni a scuola, presidi senza poteri

Come genitori, dobbiamo tornare a riscoprire il nostro ruolo educativo, perché i figli hanno bisogno di figure adulte significative di riferimento

«Ti sciolgo nell’acido. Ti mando all’ospedale, professoressa». È agghiacciante il video di una nuova aggressione a una docente in classe. Girato nel dicembre 2016 in un Istituto tecnico di Velletri (Roma), in questi giorni è diventato virale in rete, tanto che, dopo un’informativa dei carabinieri, la Procura ha aperto un’indagine per oltraggio a pubblico ufficiale, ipotizzando anche il reato di minacce. L’attività di indagine oltre che sul giovane autore dell’aggressione verbale alla docente cercherà di accertare se la donna è stata oggetto di minacce anche successivamente all’episodio.

Il video mostra un ragazzo che risponde piccato alla sua insegnante davanti alla minaccia di finire dal preside in seguito all’ennesima nota presa in classe. «Ma chi sei tu per dirmi che devo stare zitto? Ma voi volete proprio finire all’ospedale. Ti faccio squaglià in mezzo all’acido, ti faccio squaglià», ripete il ragazzo che

La scuola si scopre disarmata di fronte alla prepotenza di pochi che, però, si ripercuote sulla serenità di tutti. Alunni e insegnanti sono quasi “ostaggio” di gruppuscoli di violenti, verso cui i dirigenti scolastici hanno, al più, il potere di una “ramanzina”. «Siamo al centro di tutto ma siamo senza poteri», conferma Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione nazionale presidi (Anp). Fino al 1998, il preside poteva autonomamente decidere di punire alunni violenti con una sospensione fino a cinque giorni. Da vent’anni in qua, invece, le sanzioni devono essere stabilite dal Consiglio di classe e, per i casi più gravi, come quelli di Lucca e Velletri ma anche gli altri di questi ultimi mesi, dal Consiglio d’Istituto.

«Così è impossibile intervenire con efficacia e tempestività, perché, a causa dei tempi del procedimento amministrativo da istruire, come minimo, dal fatto all’eventuale sanzione pos- sono passare anche sette-dieci giorni », sottolinea Giannelli. Che, comunque, ricorda come i presidi siano obbligati a denunciare gli episodi più gravi all’autorità giudiziaria, per non incorrere, a loro volta, nel reato di «omissione di denuncia».

«Servirebbero serietà e severità», continua il presidente dell’Anp, associazione che nel Lazio sta addirittura pensando di organizzare dei corsi di “sopravvivenza” per dirigenti. «Per questo – riprende Giannelli – rinnoviamo la richiesta di poter intervenire celermente con l’allontanamento immediato di chi si rende responsabile di comportamenti che nulla hanno della cosiddetta goliardata, ma sono dei veri e propri reati».

Una «linea rigorosa nelle sanzioni», che possono arrivare fino alla «non ammissione allo scrutinio finale», è sostenuta anche dalla ministra dell’Istruzione,

Valeria Fedeli, che invita a «reagire con fermezza ». La ministra torna a lanciare un appello ai genitori affinché insegnino ai figli che

resta seduto al suo posto mentre gli amici ridono ripresi allo smartphone. «Mo ti alzo tutto il banco ti alzo, vuoi vedè?», prosegue lo studente con tono minaccioso. «Non mi provocà professorè che poi la macchina non te la ritrovi. Che fai? Chiami il preside e mi fai boccià? Va bene, perdo un anno», continua il giovane che poi si alza per affrontare la prof e quando lei esce dalla classe per andare a chiamare il preside prende a calci la porta dell’aula.

Intanto, spunta un secondo, inquietante video dell’aggressione all’insegnante

il «rispetto», deve essere il «valore centrale per la scuola e per l’intero Paese». «Ripartire dal rispetto e dalla fondamentale importanza della figura dei docenti – aggiunge –. Mai minimizzare 64enne dell’Istituto tecnico commerciale “Carrara” di Lucca, da tempo preso di mira da un gruppo di studenti bulli. In quattro risultano indagati dalla Procura dei minori di Firenze per violenza privata e ingiurie. Oggi, invece, si riunirà il Consiglio di classe per decidere le sanzioni disciplinari da adottare. «Qualcuno perderà sicuramente l’anno – anticipa il preside Cesare Lazzari – . Ma non tutti perché la scuola deve rappresentare un’occasione di crescita e di recupero» (P. Fer.)

e anzi subito denunciare episodi di violenza verbale o fisica, linea rigorosa nelle sanzioni: ecco la strada da seguire affinché non si debba più assistere a immagini come quelle che ci sono giunte da Lucca e da Velletri». Una condanna alle «inaccettabili» aggressioni e violenze verbali ai danni di insegnanti - a cui ha assistito circa il 7% degli studenti italiani, secondo una rilevazione di Skuola.net – arriva anche dalla segretaria generale della Cisl, Annamaria Furlan. «Il bullismo nelle scuole umilia il lavoro e la dignità di migliaia di docenti che meritano più rispetto per il ruolo fondamentale di educatori e formatori. Bisogna ricomporre questa frattura tra giovani, famiglie ed insegnanti», ha scritto su twitter.

Arginare bulli e violenti è possibile anche mettendo in pratica nuovi metodi d’insegnamento. Lo sta sperimentando sul campo Luigi D’Alonzo, docente di Pedagogia speciale e direttore del Centro studi e ricerche sulla disabilità e la marginalità dell’Università Cattolica. Dall’inizio dell’anno scolastico, sta lavorando con 24 classi pilota della provincia di Varese al progetto, unico in Italia, della “Differenziazione didattica”. «Gli studenti – spiega il docente – non sono tutti uguali e hanno bisogni differenti cui la scuola deve saper rispondere. Farli lavorare a piccoli gruppi, farli appassionare alla materia attraverso il superamento della classica lezione frontale, sono modalità di una nuova gestione della classe, efficaci nella prevenzione di comportamenti inopportuni».

A monte resta comunque il rapporto scuolafamiglia, niente affatto scontato, soprattutto di questi tempi. «La scuola è quasi in ginocchio di fronte alla maleducazione dilagante», denuncia Giancarlo Frare, presidente dell’Agesc, l’Associazione dei genitori delle scuole cattoliche. «Davanti a casi di questa gravità – sottolinea – emergono, ancora una volta, la solitudine e il silenzio della famiglia. Per questo, come genitori, dobbiamo tornare a riscoprire il nostro ruolo educativo, perché i figli hanno bisogno di figure adulte significative di riferimento. Servono maestri a cui guardare».

Mentre emerge un nuovo episodio a Velletri, la ministra Fedeli torna a chiedere una «linea rigorosa nelle sanzioni». Ricerca di Skuola.net: il 7% degli studenti ha assistito ad aggressioni a insegnanti in aula

«Il bullismo umilia il lavoro e la dignità di migliaia di docenti che meritano più rispetto»

Avvenire del 20 aprile 2018 - PAOLO FERRARIO