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Nascite, questione di famiglia

Le promesse di Lorenzo Fontana e le polemiche Arcobaleno

DISCERNERE I SEGNI DEI TEMPI E PRESIDIARE L’UMANO

Troppo ghiotto il boccone messo in tavola dal neo ministro della Famiglia e della Disabilità, Lorenzo Fontana, per non scatenare gli appetiti polemici di chi, da un versante o dall’altro, non attendeva altro per riaccendere la miccia dei 'diritti civili'. Al di là delle scontatissime reazioni politiche, al di là della battaglia sui social dove l’opinione di Fontana è stata da una parte subito bollata di oscurantismo e dall’altra salutata come esempio di coraggio, bisogna dire che bloccare il dibattito su questo punto significherebbe sabotare il lavoro del rinato (finalmente!) Ministero. Affermare che le famiglie gay «per la legge non esistono in questo momento» è vero, ma rischia di diventare uno slogan che non tiene conto della realtà.

In punto di diritto il ministro ha semplicemente ragione, perché la legge parla di 'unioni civili' e non di 'famiglie', termine che sulla base della Costituzione dovrebbe essere riservato solo ai nuclei fondati sul matrimonio tra uomo e donna. Vero, verissimo. Parlare di famiglie omosessuali potrebbe risultare, dunque, un cedimento lessicale che apre la strada a una diversa comprensione semantica della realtà della famiglia. Nessuno lo sa meglio di noi, che per anni ci siamo battuti per mettere in luce le contraddizioni e i rischi di una legge finalizzata a mettere sullo stesso piano famiglie eterosessuali fondate sul matrimonio e 'unioni' di altro tipo. Ma anche per contrastare, sul piano culturale non certo su quello dell’accoglienza umana, l’ideologia da cui muove quell’assunto. Su queste pagine e su quelle del nostro mensile 'Noi famiglia & vita' abbiamo messo insieme tutto quello che la letteratura scientifica può offrire per documentare come le differenze 'qualitative' tra l’offerta educativa di una famiglia caratterizzata dalla presenza di una mamma donna e di un papà uomo e quella di una coppia omogenitoriale esistono, eccome. E possono risultare determinanti per l’equilibrio della crescita psico-fisica del bambino. La famiglia non può essere ridotta a terreno per sperimentazioni antropologiche di cui nessuno è in grado di prevedere l’esito.

Abbiamo documentato e spiegato come le tante ricerche che nell’ultimo decennio si sono sforzate di dimostrare il contrario siano segnate da una serie di debolezze di inciampi sul piano scientifico e da una pesante caratterizzazione ideologica. La tesi della 'nessuna differenza' non può, a tutt’oggi, essere giustificata.

Tutto questo lo sappiamo molto bene e, come detto, l’abbiamo più volte approfondito e messo in luce. Ma sappiamo anche che, nonostante tutto, queste 'realtà familiari' esistono in Italia e nel mondo. La propaganda arcobaleno parla di centomila bambini che, solo nel nostro Paese, vivrebbero con genitori omosessuali. Probabilmente per avvicinarci alla realtà occorre togliere uno zero. Ma al di là del dato statistico, al momento di difficile definizione, la politica – come la società e come la Chiesa nella sua azione pastorale – non può fingere che queste situazioni siano 'invisibili' o irrilevanti. Che queste coppie possano essere condannate alla marginalità, che questi bambini non vadano accolti, accompagnati, seguiti con attenzione e premura. Possiamo nutrire perplessità – e ne nutriamo tante – sul modello familiare in cui vivono. Ma non possiamo dire che questi piccoli 'non esistono' e non possiamo accettare discriminazioni nei confronti di un minore che, siamo certi, non sono neppure nelle intenzioni del ministro Fontana.

Questo significa giustificare eticamente le scelte dei loro genitori? Vuol dire concedere un sostanziale via libera a pratiche negative come la fecondazione eterologa, il commercio dei gameti, l’utero in affitto? Niente affatto. E non ci stancheremo di sottolineare ingiustizia e disumanità di queste soluzioni. Ma sappiamo anche che dietro le relazioni delle persone ci sono fatiche e complessità che nessuno ha il diritto di giudicare. In ogni casa esistono fragilità, situazioni difficili, circostanze che determinano percorsi spesso non ideali. E la politica non ha la funzione di irrompere in ambiti privati, che coinvolgono gli affetti e la coscienza delle persone.

La politica deve lavorare per limitare il danno, deve fare i conti con la realtà e deve contemporaneamente impegnarsi per far adottare a livello internazionale saldi princìpi guida contro commercio di gameti e utero in affitto e per rendere queste pratiche oggetto di una sana e vasta riprovazione sociale. Negare l’evidenza in nome di un modello ideale è, invece, utopia. Discernere i segni dei tempi, come diceva san Giovanni XXIII, è invece dovere cristiano. Proprio come il presidio dell’umano.

Avvenire del 5 giugno 2018 - di Luciano Moia