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Consigli per genitori disorientati di fronte alle crisi adolescenziali dei figli

Il neuropsichiatra Colombo riflette sulle fatiche di tante famiglie, che non sanno come comportarsi e temono il conflitto

Come Agesc associazione di genitori, ci confrontiamo spesso sull’emergenza educativa che sta mettendo in grave difficoltà, anche relazionale, le famiglie italiane. L’intervento del genitore nei confronti dei ragazzi è sempre più difficile a causa della complessità delle relazioni intergenerazionali. La semplice comunicazione verbale non è più sufficiente o spesso inadeguata. In alcuni casi - rari fortunatamente - specialmente tra gli adolescenti, la risposta ad un divieto ricevuto, sfocia in atti estremi.

Il genitore, come ci racconta Maurizio Colombo neuropsichiatra agli ospedali di Pisa e Mantova, spesse volte, si trova ad essere sommamente spaesato, perché, nel breve volgere di pochi mesi, è costretto a dover stabilire dei rapporti affatto nuovi con un soggetto profondamente cambiato: instabile, volubile, dai comportamenti continuamente mutevoli. L’adolescente è spesse volte irrequieto, insicuro, privo delle certezze prepuberali, ipercritico nei confronti nel mondo degli adulti, che percepisce non più come detentori di un ben maggiore grado di saggezza e di capacità, ma come dittatori non legittimati da una effettiva superiorità morale e intellettiva. Il tutto esasperato, nella nostra civiltà, dall’estremo relativismo che la pervade. Il crollo dei valori tradizionali, il mettere in discussione ogni principio, anche i più basilari, la diversità di vedute anche nell’ambito di gruppi che dovrebbero essere omogenei, favorisce una continua deriva comportamentale. Se il genitore perplesso e disorientato, talvolta anche amareggiato, rinuncia alla propria funzione di educatore e moderatore, obbliga inconsapevolmente il figlio a stringere i tempi ad ammantarsi di una pseudo maturità, ad assumere troppo precocemente atteggiamenti e comportamenti non in sintonia con un processo di crescita ancora in divenire. Il genitore dovrebbe invece, con pazienza ed amore, riconoscere ed accettare la necessità di favorire, gradualmente, il desiderio di maggiore libertà del figlio guidandone con sapienza il lento distacco psicologico, senza naturalmente abdicare al proprio ruolo di modello e di “contenitore” degli eccessi giovanili. Deve cioè aiutare il figlio a trovare la propria via, correggere senza prevaricare, accettare il fatto che le scelte del giovane possano essere

diverse da quelle immaginate per lui. È inoltre decisivo che l’adolescente, nel mentre viene aiutato nel percorso che lo porta ad assumersi sempre maggiori responsabilità e quindi ad emanciparsi, percepisca la volontà, da parte dei familiari, di essergli vicino, di ascoltarlo e di sostenerlo in un momento critico della sua vita. Ma come ci accorgiamo che il nostro ragazzo è arrivato al limite? Talvolta il ragazzo non riesce ad elaborare convenientemente il garbuglio di tensioni e di conflitti interiori e a canalizzarli in modo adeguato ed è allora che si possono manifestare comportamenti che vanno ben oltre a quella che potremmo definire la fisiologica inquietudine che caratterizza il periodo adolescenziale. In estrema sintesi potremmo classificare nei seguenti modi le razioni abnormi dei ragazzi, reazioni che sono inevitabilmente condizionate in modo massiccio dall’ambiente ed hanno sempre un tratto in comune: l’insuccesso scolastico. Insuccesso che dovrebbe fungere da campanello d’allarme per le famiglie. Il ragazzo può manifestare il suo disadattamento assumendo comportamenti aggressivi, minacciosi, megalomani volti ad ostentare una sicurezza che in cuor suo sa di non poter possedere. La teatralità il continuo bisogno di apparire l’atteggiamento smargiasso la volontà di essere percepiti “grandi” possono facilmente condurre ad oltrepassare le regole della civile convivenza. A volte invece i molteplici problemi di natura familiare e sociale quali possono essere le carenze affettive insufficiente livello culturale dell’ambiente di provenienza le elevatissime aspettative che la famiglia riversa sul ragazzo… possono provocare abulia, indifferenza e condannarlo all’insuccesso. Il ragazzo svilupperà complessi di inferiorità si sentirà inadeguato a confrontarsi con le sfide della vita non si metterà mai in gioco in qualsivoglia campo e rinchiudendosi in se stesso sprofonderà nella depressione che in certi casi può innescare comportamenti autodistruttivi.