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Narcisismo e depressione dei figli davanti al web: è tempo di abbracci e sguardi veri

A parlare ai genitori, la psicoterapeuta Serena Valorzi e il poliziotto Mauro Berti, autori del libro “Cercami su Instagram”

Oltre duecento persone erano a Modena per la serata organizzata dall’AGeSC provinciale in collaborazione con quella di Trento per parlare di Internet e dintorni. L’Agesc da tempo è al fianco dei genitori che si trovano spesso impreparati di fronte alle nuove tecnologie che i ragazzi utilizzano senza conoscere fino in fondo i pericoli cui vanno incontro. I relatori erano Serena Valorzi, psicoterapeuta e Mauro Berti, poliziotto scrittore, autori del libro Cercami su Instagram ( Reverdito Editore). «La serata di giovedì è stata coraggiosa – racconta Valorzi – così come lo è il libro che abbiamo scritto, in cui mettiamo in luce ciò che rimane in penombra e i nostri occhi non vedono, abbagliati dagli schermi dehli smartphone che portiamo sempre con noi, iperconnessi e spesso un po’ sconnessi, anche dai noi stessi. È paradossale: i social network ci avevano promesso di connetterci con il mondo e di non lasciarci più soli – ha proseguito –, eppure le ricerche confermano che, soprattutto per le nuove generazioni, la solitudine, il narcisismo e i vissuti depressivi e di infelicità sono in aumento. Certo, guardare per ore vite patinate, successi in ogni campo, visi sorridenti di amici e nemici che si abbracciano, mentre tu sei a casa, da solo, non è una gran ricetta per la felicità. Come non lo è leggere i commenti che qualcuno, con aggressività senza limite, posta di giorno e di notte. O rimanere intrappolati in giochi sparatutto anziché uscire con gli amici». Ma forse, ancora prima di chiederci cosa stia accadendo a loro, dovremmo chiederci quali siano stati gli effetti della tecnologia sulle nostre menti e sui nostri cuori di adulti, e se non siamo stati noi i primi a lasciarli soli. «È tempo di agire e di rimettere al primo posto il contatto dal vivo, caloroso e fermo – ha detto Valorzi –, quello che si sostiene di abbracci e sguardi veri. Se non lo imparano con noi, saranno forse gli influencer a insegnarglielo?». Mauro Berti, un ispettore al fianco della polizia postale per scovare e combattere i crimini informatici, ha voluto soffermarsi sulla famiglia di un tempo, quella delle regole, una realtà ormai sostituita da quella dell’affettività rivolta a rispettare soprattutto le intenzioni dei figli. Così che i genitori fanno confusione tra impartire regole e dare consigli. Si è arrivati ad ascoltare di più le esigenze dei figli archiviando comandamenti quali: “devi ubbidire”,

“prima il dovere e poi il piacere” o “si fa così e basta”. «Le prime babysitter dei nostri figli – ha detto Berti – sono state le nonne, le zie, le tate, poi la scuola materna e poi la tecnologia. Sì, quella che abbiamo affidato ai bambini di 4 5 anni: console di gioco, computer e tablet hanno catturato la vita e gli interessi dei nostri bambini; ci hanno facilitato il compito, ma hanno anche contribuito a relegarli sempre più nella loro cameretta, al sicuro dei pericoli della strada ma esposti alla fragilità della loro solitudine».

Poi loro hanno iniziato a guardarci e ci hanno scoperti sempre con uno schermo in mano e con quello, concentrati a fare di tutto: le informazioni, la geo localizzazione, le ricerche, le nostre relazioni, la rete amicale, tutta la nostra vita passa per quegli schermi. «Mi viene in mente la recita di Natale – ha proseguito – o il compleanno o ogni altra grande occasione che viviamo con la fotocamera in mano senza avere la possibilità di godersi davvero quell’attimo. Poi, a pensarci, dopo averli postati, quasi mai abbiamo rivisto quelle immagini e quasi mai ci siamo fermati a riguardare quei video. Eppure oggi ci chiediamo da dove sia partita la frenesia per questa tecnologia dei nostri giovani…».

Come tanti genitori anche quelli dell’AGeSC sono da sempre attenti e preoccupati per l’impatto che le nuove tecnologie stanno avendo sul tessuto sociale e in modo ancora più violento, non mediato, sui nostri giovani. Non stiamo parlando solo di cellulari e internet: c’è tutto un mondo di video giochi più o meno violenti ma anche di veri e propri modelli di vita presentati da YouTubers. Non si tratta di un nemico da combattere, o da allontanare da noi e dai ragazzi. È un fenomeno antropologico che deve essere prima compreso e poi guidato. Una questione ineludibile. Perchè se non lo facciamo noi, ci sarà qualcun altro al nostro posto che lo farà.