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«In questo Natale riscopriamo l’essenziale: sotto l’albero mettiamo il meglio di noi»

Duemilaeventi era il titolo dell’ultimo numero di Atempopieno (il periodico dell’Agesc) perché sarebbe stato l’anno che ci accompagnava al Congresso e che celebrava il 45° della fondazione. Ma il destino ha voluto altrimenti.

Per fortuna la scuola ha proseguito per i più piccoli: scelta saggia ma anche incoraggiamento per continuare la relazione educativa che coinvolge ragazzi, insegnanti e famiglie.
Ma come ci ha confidato monsignor Erio Castellucci Presidente della Commissione Episcopale per la dottrina della fede «questo è stato un circolo virtuoso la cui scelta di tenere aperte le scuole ha aiutato a crescere nella conoscenza e nella responsabilità i piccoli e i ragazzi grazie agli insegnanti e al personale della scuola in stretta connessione con il terzo soggetto che sta a fondamento di tutto: la famiglia. Per noi cristiani – prosegue Castellucci – questo Natale sarà diverso da quelli passati. La Notte di Natale di quest’anno raccoglie simbolicamente le notti di dolore dei malati e dei loro familiari; quelle insonni del lutto di chi ha perduto persone care, senza nemmeno poterle accompagnare; le notti tormentate di chi ha visto calare o svanire il lavoro e i risparmi; le notti faticose di medici, infermieri e personale sanitario, forze dell’ordine e di vigilanza, responsabili e guide di comunità, professionisti, docenti, educatori, operatori dei servizi essenziali e della comunicazione, volontari. Come un immenso campo dei pastori avvolto dalle tenebre è il pianeta colpito dal Covid-19, dove il dolore è davvero universale: il dolore provocato dal virus, ma anche il dolore svelato dal virus, perché le tenebre già prima avvolgevano il mondo e lo avvolgeranno dopo, quando l’emergenza sanitaria sarà passata. Incombono sempre sulla Terra, infatti, le tenebre della povertà, della fame e della sete, della guerra e della violenza, dell’abuso del creato e delle malattie... queste sofferenze sono la dilatazione di quel buio del cuore che si chiama egoismo e genera indifferenza ». La buona notizia è che, «in questa coltre ombrosa, irrompe “un angelo”, un fascio di luce. Il Signore si rende presente attraverso tanti angeli in carne e ossa – prosegue il vescovo Castellucci –. Nell’ombra del dolore e della morte compaiono gli angeli della speranza, che si fanno prossimi. Angeli che nelle case, negli ospedali e nelle strutture per anziani e disabili lasciano trasparire dai loro occhi, sopra la mascherina, un sorriso lanciato ai familiari, agli ospiti e agli ammalati; angeli i cui volti compaiono sullo schermo del computer, nelle finestrelle dei collegamenti digitali, e si prodigano per educare, confortare, conso-lare, annunciare, pregare; angeli che suonano alla porta e lasciano sulla soglia una parola di saluto e di augurio insieme alla borsa degli alimenti; angeli che rendono sicure le strade, tengono aperti uffici, sportelli, laboratori, negozi, chiese; angeli che offrono tempo, energie, denaro, affetti per accendere la speranza nelle persone più fragili e ferite. Angeli spesso invisibili, incuranti della pubblicità, disinteressati al riconoscimento dei meriti, preoccupati piuttosto di farsi dono per condividere e alleviare i disagi. L’angelo annuncia ai pastori il grande, unico e incredibile dono di Dio: il Figlio si fa uomo, l’Altissimo diventa bimbo, il Signore delle stelle spunta da una stalla. È necessaria questa luce dal cielo per solcare il buio del nostro cuore, per incoraggiare gli angeli della speranza a spargere raggi di luce, per dare conforto ai più fragili e riportarli a benedire la vita».
Se c’è una cosa che tutti stiamo cercando di imparare dall’esperienza della pandemia è la riscoperta dell’essenziale; e l’essenziale ha a che fare con le relazioni. Ne abbiamo patito l’assenza e le restrizioni, ci sono mancati gli incontri “in presenza” - i collegamenti “da remoto”, per quanto utili, non sopperiscono all’assenza del corpo - e abbiamo compreso una volta di più che tutto è dono e non è diritto acquisito: la salute, la passeggiata, il caffè al bar, la visita ai propri cari, lo sport, la scuola e persino la Messa. Sotto l’albero, stanotte, mettiamo il meglio di noi: nessuno riceverà mai un regalo più grande e nessuno vivrà mai un anno migliore.
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Fonte:Avvenire