«PER LA SCUOLA CATTOLICA IN ITALIA ANCORA POCHE LUCI E MOLTE OMBRE»
Destano preoccupazione i dati del quarto monitoraggio: negli ultimi tredici anni hanno chiuso 1.843 istituti paritari
Nell’arco di tredici anni in Italia hanno chiuso 1.843 scuole cattoliche. Erano 9.371 nell’anno scolastico 2010-2011, ne sono state censite 7.528 nel 2023-2024. Una morte lenta, che non fa rumore ma che dovrebbe assordare, perché le ragioni di fondo dicono di un Paese profondamente in crisi: crisi economica, crisi demografica, educativa. Non sappiamo se sia irreversibile, di sicuro perdere una media di 140 scuole all’anno non incoraggia e non fa sperare nella progettualità come via per uscirne. Se poi i dati vengono disaggregati si evidenzia che il livello scolastico che ha concentrato il maggior numero di chiusure è quello dell’infanzia (-1.568 = -22,2%).
L’inverno demografico avanza ma nessuno che possa farlo ha deciso di porvi rimedio. Alla scomparsa degli istituti scolastici corrisponde ovviamente il calo degli studenti iscritti scesi nello stesso periodo di 225.501 alunni (-30,4%). Anche in questo caso si evidenzia una significativa stratificazione: 175.615 bambini in meno nella scuola dell’infanzia (-38,7%), 34.815 nella scuola primaria (-22,2%). Questi sono alcuni dei dati raccolti dal “Quarto monitoraggio della scuola cattolica in Italia”, condotto dal Centro Studi per la Scuola Cattolica sotto la direzione del professor Sergio Cicatelli. Tutto perduto dunque? No, perché accanto alle ombre del dato quantitativo restano le luci di una situazione qualitativa che ci dice quale immenso patrimonio educativo sia custodito nella presenza delle scuole cattoliche nel nostro Paese.
Emerge dal report, ad esempio, non solo che «la qualità delle scuole cattoliche risulta essere di buon livello, tendenzialmente superiore a quella delle altre scuole » ma che l’offerta formativa è spesso arricchita da attività e servizi integrativi. D’altra parte, tra le opzioni valoriali, che possono spiegare la scelta di fondo della scuola cattolica, i contenuti che riguardano «la costruzione di una comunità educativa» si collocano al terzo posto con il 35,1% delle scelte (ma nelle secondarie di II grado è al primo posto con il 57,7%).
Un dato correlato a questo riguarda l’alleanza scuola-famiglia: negli istituti paritari i genitori partecipano in misura più che doppia alle elezioni degli organi collegiali interni rispetto a quanto accade nel resto delle scuole italiane. Il 93% dei genitori partecipa ai colloqui periodici con gli insegnanti, prende parte a attività ricreative di vario genere (33,6%), collabora concretamente alla gestione della scuola (20,9%) e alla promozione di iniziative culturali in accordo con il gestore (15,0%). Non si può non scorgere in questi numeri l’inveramento del senso stesso della presenza cattolica nel sistema d’istruzione e formazione italiano. Eppure, il contesto economico e legislativo erode e soffoca questa vitalità rendendo il divario con la scuola statale incolmabile. Un divario che continua ad essere innanzitutto socio-economico e che le crisi finanziarie dell’ultimo quinquennio hanno ulteriormente inasprito. Sono infatti soprattutto le famiglie di fascia socio- culturale elevata a poter scegliere la scuola cattolica sostenendone interamente i costi rappresentati da rette sempre più onerose. E questo, al contrario di quanto detto sopra, costituisce invece una lesione dei valori evangelici e sociali che hanno ispirato la nascita e la storia degli istituti scolastici cattolici, sorti quasi sempre per offrire ai figli delle classi svantaggiate un’istruzione e un’educazione altrimenti negate. Oggi ci troviamo di fronte ad una tipica ipotesi autoverificantesi, per cui l’opposizione al finanziamento pubblico alle scuole paritarie con l’argomento delle “scuole per ricchi”, genera istituzioni accessibili solo a quelle famiglie che possono sopportarne il costo.
Umberto Palaia
Presidente Nazionale
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Fonte: Avvenire