NELL’ANNIVERSARIO DELLA GRANDE GUERRA, IL NOSTRO IMPEGNO PER LA PACE
Seguendo l’insegnamento di papa Leone XIV, i genitori delle scuole cattoliche rilanciano il lavoro educativo con i giovani
Il 24 maggio riporta una memoria storica comune festosa e, contemporaneamente, dolorosa. Il 24 maggio del 1915, infatti, l’Italia entrò nella Prima guerra mondiale. Un evento che sconvolse non solo il nostro Paese ma l’Europa e il mondo intero e che comportò mutamenti non solo politico/economici ma anche sociali. Oggi più che mai non bisogna ricordare tale data per celebrare la guerra ma lo spirito di libertà che animò tanti giovani dell’epoca.
L’intervento nella Prima guerra mondiale, o come tanti storici italiani la definiscono, nella Quarta Guerra d’Indipendenza contro il tradizionale nemico austriaco, portò a compimento il Risorgimento, riunendo all’Italia Trento e Trieste ma anche coinvolgendo, per la prima volta, da nord a sud tutte le classi sociali inducendo in molti un sentimento di nazione che, in uno Stato unitosi da poco più di 50 anni, ancora mancava. In tale ricorrenza bisogna, inoltre, ricordare, come per tutte le guerre, non solo episodi di valore ed eroismo ma la tragedia, la catastrofe, le sofferenze e i morti del nostro popolo e di tutte le Nazioni che parteciparono al conflitto. Effettivamente, però, anche se non si possono fare classifiche su morti di serie A e di serie B è comprensibile immaginare lo sgomento dei tanti italiani che si videro, alla fine del conflitto, vanificare le speranze a causa di quella che passò alla storia con la denominazione di “vittoria mutilata “. Tale termine, coniato dal vate Gabriele D’Annunzio al termine della guerra, si riferisce al fatto che, nonostante l’Italia fosse uscita vincitrice dalla Grande guerra, gli interessi degli italiani non furono pienamente rispettati dagli alleati che, in seguito alla pace di Parigi ed ai famosi “14 punti“ del presidente americano Wilson, non hanno fatto abbastanza per difendere gli interessi degli italiani come pattuito negli accordi di Londra.
Far emergere le memorie più remote e storiche, ricordare chi siamo e siamo stati, cosa abbiamo affrontato e superato come popolo deve avere un valore enorme perché ci riconnette non solo con le nostre radici, ma anche con noi stessi. Nel nostro tempo, così segnato dalle guerre, dall’odio e dalla violenza è fondamentale che si ricordi cosa i conflitti provocano e come la divisione e il non rispettare i patti internazionali siano causa di rovina per popoli e nazioni intere. Papa Leone XIV ha proclamato, come i suoi predecessori, che solo «il Vangelo dell’amore, dell’unità, della compassione, della fraternità, di un Dio che ci vuole unica famiglia» può essere la strada percorribile per una pace duratura e un benessere planetario.
Non dimenticando il passato ma imparando da esso e dando testimonianza dell’amore di Dio si possono arginare le guerre che di fatto continuano a insanguinare il mondo portando uomo contro uomo, fratello contro fratello. Il nuovo vescovo di Roma ha ricordato a tutti noi che il ministero di Pietro è quello di essere servus servorum Dei cioè a servizio dei fratelli. Questo monito, però, non deve essere solo riferito alla figura del Papa ma deve spronare ognuno di noi a mettersi a servizio dell’altro cominciando dal nostro vicino cercando «sempre e solo di amare come ha fatto Gesù». I genitori di Agesc per il bene dei propri figli e delle generazioni future si impegnano quotidianamente a fare proprio il pensiero del Santo Padre mettendosi in primis a servizio della comunità educante di cui fanno parte proprio al fine di educare i giovani a conoscere il passato per creare un futuro migliore.
Margherita Siberna Benaglia
Vicepresidente nazionale
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Fonte: Avvenire