Riflessioni sulla scuola e sull'educatività di Don Pierino De Giorgi
di Don Pierino De Giorgi
Lettera aperta al PRESIDENTE AGeSC
“La libertà di educazione passa
anche dalla liberazione della scuola
dai suoi limiti culturali e istituzionali.
Gli “spazi” per l’AGeSC.
Carissimo Sig. Presidente
Mi chiamo Don Pierino De Giorgi e sono stato Assistente Ecclesiastico dell’AGeSC, negli anni della presidenza Lombardi - Versari - Meloni e della Segreteria Veneziani e debbo proprio riconoscere che, con queste persone, mi sono trovato molto bene!
Se però la vita di una associazione è fatta di progettualità e di impegno operativo, la mia attuale è più fatta di contemplazioni dal di fuori e di addii definitivi e irreversibili, quindi!
Abbiamo tutti e per motivi opposti, bisogno noi di “preghiera” e voi di “scienza” e cioè di competenza educativa nella scuola, e questo proprio per nutrire la “speranza” degli altri.
Quello che stiamo vivendo ora, credo sia un momento veramente “storico”, soprattutto per l’AGeSC, perché sono venuti a maturazione nella opinione pubblica alcuni costitutivi della sua identità di base.
Quindi, questa “grande paura”, può essere la occasione per almeno una riflessione e dal proprio interno, su due grandi “prospettive di senso”, che abbiamo un po' sempre rimandato ma che sono essenziali proprio per la stessa sopravvivenza dell’AGeSC.
E’ insomma forse giunto il momento,
perché ognuno possa davvero prendere
coscienza della propria “competenza educativa”
Ho ritenuto quindi che questo fosse tempo proprio per riprendere alcune riflessioni personali, e perché quindi l’AGeSC potesse affrontare i due macigni della sua esistenza associativa, con una qualche probabilità di riuscita.
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1° Da un punto di vista “culturale” occorre saper passare, e saperlo fare con avveduta competenza, dalla funzione di semplice testimonianza alla complessa capacità di produrre “cultura di natura scolastica”.
E’ inutile quindi nutrire illusioni al riguardo!
La scuola è radicalmente educazione della razionalità umana mediante la razionalità “disciplinare” (e cioè quella delle vane materie scolastiche), e quindi sarà sempre lo “statuto epistemologico” delle singole discipline che padroneggerà l’educazione di natura scolastica.
E’ evidente che, da questo punto di vista, i genitori saranno sempre dei “totalmente esclusi” dalla scuola perché “radicalmente” estranei ad essa.
Se però anche le “esperienze di vita” e delle più svariate categorie sociali, riuscissero a diventare anche criterio di un pensare di natura critica, allora queste potrebbero costituirsi come una fonte e immensa, di una nuova razionalità educativa.
Ad esempio, l’AGeSC proprio per la sua natura che è rappresentativa del sociale, potrebbe farsi paladina della introduzione nella scuola della esperienza della coniugalità e perciò di una cultura della dualità, con un criterio di comprensione del reale molto diverso da quello “univoco” dei saperi scientifici, e da quello “pluralista” della politica.
Certo questo esige di saper fare quello che in termine tecnico si chiama un adeguato “processo di formalizzazione” e se anche l’AGeSC non lo sa attualmente fare, è però in grado di avviarlo con l’aiuto di competenti al riguardo.
Riterrei quindi proprio questo momento attuale un momento estremamente propizio perché l’AGeSC possa finalmente affrontare lo “zoccolo duro” dei problemi educativi di scuola, ma senza dei quali l’AGeSC sarà sempre una sostanziale estranea rispetto alla scuola.
2° Su un piano più “istituzionale” occorre invece saper promuovere un vasto e capillare processo di partecipazione della gente comune a “tutta” la realtà della scuola nel suo insieme, in modo da saper passare, e proprio nella comune opinione pubblica, da una scuola solo “governativa di Stato” e solo del e per il “mercato”, a una scuola espressiva anche del “privato sociale” e cioè della “società civile come soggetto terzo di scolarità”.
Credo insomma che sia solo entro questa “prospettiva di senso” che l’AGeSC, ma anche tutta la scuola cattolica e la stessa comunità ecclesiale possano trovare motivi e spazi per riproporsi come fattori di progresso educativo per tutti e per ognuno.
E’ quindi, approfittando proprio di questa grande pausa di riflessione concessa a tutti dal coronavirus, ma soprattutto per quanto mi riguarda, ancora permessa alla mia condizione di sopravvissuto… che ho provato a riflettere su questa mia esperienza del passato e perché ritengo almeno corretto e non presuntuoso trasmettergliene i risultati come un servizio alla sua funzione di pre-schema.
Glieli scrivo qui così come mi si sono venuti chiarendo e senza pretese né di completezza né di sistematicità.
Ne faccia liberamente l’uso che meglio crede. Purtroppo e proprio per la difficoltà delle mie dita, mi riesce difficile maneggiare la tastiera, e quindi ho dovuto ripiegare sulla vecchia “bella calligrafia” a mano, proprio per la sua più naturale scorrevolezza…
…ma l’AGeSC ha sempre qualche “paziente dattilografa” capace di rimediare alle mie manchevolezze!
Devo, però, anche premettere che sono riflessioni di… lunga data ma sempre piuttosto solitarie.
Lo prenda quindi solo per ciò che veramente sono: una “testimonianza di vita”
D’altra parte, almeno per me, non si tratta
di promuovere una istituzione,
ma sempre e solo di fare educazione, e cioè
un “servizio a persone””!
Parafrasando un noto e diffuso testo del Cardinale Kasper:” Riconosci il tuo mistero (e si riferisce ai Cristiani) si tratta di portare i Genitori a leggere meglio e più in profondità la “educatività contenuta nel mistero della loro coniugalità”.
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C’è, insomma, un bisogno disperante di più educatività da parte della scuola, e i Genitori sono depositari naturali di valori educativi inespressi scolasticamente, perché non ancora strutturati in cultura formalizzata, ma che esistono da sempre nella loro esperienza di vita coniugale.
Si tratta quindi di farli emergere
e l’AGeSC può organizzare e gestire
tutta questa operazione.
In altre parole, si può riassumere tutto questo dicendo che la scuola ha bisogno di una “nuova cultura” e l’AGeSC deve saper passare dalla testimonianza di un diritto alla capacità di saperlo gestire.
Proprio per questo occorre saper “far passare” la scuola dalla sola razionalità logica, teoretica, deduttiva e astratta ad una cultura inespressa ma già presente nelle esperienze di vita dei soggetti costituenti la sua identità, perché questo sembrerebbe al presente l’unica via per ricuperare efficienza alla scuola.
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A questo punto credo, però, che sia conveniente che mi spieghi un po’ meglio, sia pure a scopi prevalentemente orientativi preliminari, anche perché sono idee che coltivo da una cinquantina d’anni in cui, oltre alla vita di insegnamento, ho potuto aggiungere varie esperienze associative… del “sociale”, sia nella loro povertà come nella loro ricchezza.
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Non so se anche lei, come me, sia rimasto colpito dalla clamorosa quasi scomparsa dei partiti di “Democrazia Cristiana” nei paesi dell’occidente e perciò della insignificanza dei cattolici in politica, e quindi nei governi “occidentali”!
Conseguente o parallela a questa va collocato il declino della scuola cattolica e del sistema ospedaliero dei cattolici… e di altro ancora!
Nessuno pensa di attribuire tutto questo a una perdita di valore degli ideali, ma tutti sono concordi nell’attribuirla alla debolezza delle mediazioni istituzionali e culturali elaborate a questo scopo.
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Per capirci meglio, suggerirei di prestare due livelli diversificati di attenzione; e mi scuso delle eventuali… ripetizioni! (alla fin fine… sono piuttosto… vecchio!)
La prima attenzione è di tipo culturale, mentre la seconda è di tipo istituzionale.
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La cultura di tutto il “sistema occidentale” si è strutturata attorno al modello “logico, teoretico, deduttivo, astratto e impersonale” di aristotelica memoria: oggi va di moda rifarsi ad Aristotele (magari immaginando, come ha fatto il Corriere della Sera, un colloquio tra Aristotele e Nietzsche!!!) e perciò in direzione di un pensare per “deduzione da princìpi liberamente posti”.
Ma che attorno a questo ragionare, ci sia guerra o pace, salute o pestilenza… prosperità o miseria, gioia o dolori… che uno abbia il mal di denti e un altro sia in un mare di guai… tutto questo è ritenuto estraneo o ininfluente sul valore del ragionamento stesso, perché radicalmente estraneo ad esso!
Come, insomma, si può ritenere educativo dell’essere umano concreto e vero, una razionalità che della radicale esclusione di tutte queste situazioni reali, ne fa invece il perno della sua perfezione?
Come può trovare posto in essa una educazione integrale della persona?
Circola e da vari anni un “detto” piuttosto diffuso e che è stato attribuito di volta in volta a una ventina di personaggi diversi, dall’umorista nordamericano Mark Twain al sommo fisico Albert Einstein, il più gettonato al riguardo ma che proprio per questo sottintende un modo di sentire universale. “Einstein” insomma, o chi per esso, avrebbe detto che… “un docente che non sa distinguere tra Leggi e Paradigmi, non ha la statura mentale sufficiente neppure per fare l’educatore in una scuola media”.
Quanti docenti e a qualsiasi livello
quante persone di scuola insomma,
sanno oggi qual è la diversità
tra Legge e Paradigma???
Nessun scienziato al mondo oserebbe oggi sostenere che un sapere è scientifico perché è rivelativo della natura più profonda di una data cosa, e quindi sia conoscitivo dell’essenza della realtà, e cioè sia una “LEGGE” del reale, perché esso è ritenuto solo “indicativo di un criterio di uso convenzionale e provvisorio di quella cosa… e questo cioè fino a una successiva convenzione diversa fra scienziati: un “PARADIGMA” appunto!
Quanti docenti quindi sanno che ciò che stanno insegnando ai loro ragazzi non è la spiegazione di come è fatta la realtà, e quindi che valore ha per se stessa… e perciò quale rispetto le è dovuto, ma solo come la si può “provvisoriamente adoperare”?
Quanti genitori si rendono conto che i loro figli a scuola non imparano il valore e quindi il senso del reale e perciò della vita, ma solo “alcune precise e provvisorie operazioni mentali gestibili in questo momento a suo riguardo e in vista di ben determinati risultati…” e questo non per scelta pigra o errata di docenti inadeguati, ma proprio per l’indirizzo culturale del sapere come tale?
Ai genitori è sufficiente questo?
Che cosa potrebbero pretendere dalla scuola?
…e in che cosa sanno o potrebbero
eventualmente collaborare perché
si affermi nella scuola
un diverso modo di educare?
In una scuola cattolica, il Dio in cui tutta una comunità si riconosce e che non può, quindi, non entrare anche nella razionalità educativa della sua scuola, non è solo il Dio della misericordia e del perdono, neppure il Dio concettualmente espressivo del “tutt’altro” e del “sempre oltre”, ma è anche il Dio che resiste qui, ora, al male; che odia queste ingiustizie e aborre proprio queste attuali menzogne...: è un Dio, insomma, che garantisce che il male non ha futuro… che non porterà a nulla e che alla fin fine sarà sempre la verità a prevalere e quindi è anche un Dio che vuole che tutti possano usare al meglio le cose di questo mondo e che sono, in ultima analisi, tutte dono suo.
E’ un Dio, insomma, che chiama tutti
a penitenza e conversione, e questo anche
e soprattutto riguardo alle scelte
educative di ognuno.
L’AGeSC quindi non è né contro né a favore della rinascita di un partito cattolico, semplicemente non lo ritiene di sua pertinenza, ma come associazione espressiva di un elemento ineliminabile della scuola, ha il diritto-dovere di porsi e di proporre istituzionalmente almeno queste “due prospettive di senso”:
Primo: saper attingere dalla vita a due e cioè dalla esperienzialità di vita coniugale, una razionalità del
duale e perciò una educazione DAL DUALE, che si accompagni nella scuola a quella uninominale
del sapere scientifico, e a quella plurale del sapere politico…
Secondo: muovere altre forze realmente competenti, capaci di dare una più adeguata formalizzazione
scientifica alle loro empiriche esperienze di vita, perché queste possano davvero operare come
disciplina educativa di natura scolastica
In altre parole, e credo, conclusive: se nessuno può essere escluso dalle sfide educative, tanto meno lo sono i Genitori e organizzati.
In questi giorni tristissimi la scuola ha chiuso, gli stabilimenti hanno chiuso, moltissime botteghe hanno chiuso, persino le chiese hanno chiuso… chi non ha mai chiuso è proprio stata la “famiglia”!
Una società che confini la famiglia quindi in posizione sussidiaria e complementare e perciò residuale, è una società radicalmente sbagliata e non approderà a nulla.
E’ proprio la esperienza del duale genitoriale debitamente formalizzato che potrà salvare il valore educativo della scuola attuale e sarà il nuovo valore a cui attingere educatività; ma sarà proprio allora che questo impegno di formalizzazione orientata e guidata potrà dare senso e valore alla istituzione che li rappresenta!
Insomma e per concludere, l’AGeSC dovrebbe saper dire ai veri soggetti della scuola, quello che Filippo ha detto a Natanaèle “Vieni e vedi!” ed è proprio a questo fine che deve sapersi attrezzare.
La presenza di un’associazione di Genitori non può ridursi a impegni formali, oltre al resto sempre più disertati, ma deve sapere alimentare i “contenuti” della vita associativa, perché già parte attiva nella produzione di razionalità educativa da parte della scuola.
Se quindi è lecito nutrire anche “sogni” oltre che progetti, e questo per me è l’età che me lo consente, e se come mi sembra chiaro esiste la possibilità di un’AGeSC come soggetto di cultura nuova nella scuola e per la scuola, allora è forse anche giunto il momento di un’ “AGeSC come soggetto ecclesiale”, anzi di più, di un’AGeSC
come “luogo teologico”
dove la comunità di fede si incontra per produrre razionalità educativa specifica per tutta la scuola e cioè per essere davvero “Chiesa”.
Con grande cordialità
e con l’augurio di ogni bene,
la mia benedizione di Sacerdote
per lei, famiglia
e famiglie tutte dell’AGeSC
don Pierino