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Calano le nascite, non scende il desiderio di essere genitori

Uno dei problemi più urgenti che deve affrontare il nostro Paese è l’inverno demografico

Dedicato ai “Sentieri dell’amore fecondo” il 41° Seminario sulla “Comunicazione nella coppia” della Pro Civitate Christiana di Assisi Il sogno di dare vita rimane radicato profondamente anche in tempi di natalità a picco

Che senso ha parlare di fecondità di coppia nell’Italia dell’inverno demografico, dove i matrimoni sono ormai scelta di minoranza? Eppure la scelta della Pro Civitate Christiana di Assisi per il suo 41° seminario sulla comunicazione nella coppia – i lavori sono iniziati giovedì e si concludono oggi – è tutt’altro che stravagante. Solo riflettendo su quella che è considerata l’emergenza più drammatica del nostro tempo, sarà possibile individuare nuove strade per affrontare una questione che è soprattutto culturale e di pensiero, ma che non può evidentemente ignorare il dato sociologico e quello statistico. Aspetti affrontati da Linda Laura Sabbadini, dirigente di ricerca dell’Istat, che ha analizzato la situazione drammatica della fecondità in Italia. Numeri più volte ricordati anche su queste pagine, ma che è bene non perdere di vista per inquadrare il problema nelle giuste proporzioni. Tra i tantissimi numeri citati dalla sociologa, uno soprattutto appare significativo. Nel 1964, anno culmine del babyboom, le nascite furono 1 milione 32mila. Lo scorso anno 458mila, più che dimezzate. Ma se calano le nascite – ha ricordato Sabbadini – il desiderio di maternità e paternità non è affatto in ribasso, a dimostrazione che il sogno di fecondità rimane profondamente radicato anche in tempi di natalità a picco. E si tratta di un sogno che sempre più deve fare i conti anche con la confusione derivante dal dominio della tecnologia che, come ha spiegato l’antropologo Ferdinando Fava – docente a Padova e a Parigi – ha creato equivoci e illusioni, con la disconnessione tra sessualità e fecondità. Un dato anche eticamente problematico che dimostra però come l’idea di fecondità rimanga sempre iscritta, pur in modo contraddittorio, «nelle forme del “vivere insieme”», quale effetto e matrice di relazioni che oggi come non mai devono ritrovare un equilibrio antropologico capace di dare speranze alle giovani coppie. E qui il contributo della fede può rivelarsi determinante, come ha sottolineato la biblista Rosanna Virgili che ha parlato di fecondità e di stupore. Quale legame tra la prima e la seconda parola? «A primo acchito si penserebbe a quella sorpresa che porta un bambino nella vita di una coppia. O anche – ha fatto notare – a quell’estasi spirituale che si può esperire dinanzi alla bellezza della vita stessa che è ancora capace di commuovere gli umani». Ma nel Nuovo Testamento, ha messo in luce la teologa, c’è di più. «C’è una radice di modernità che supera anche l’attualità del nostro pensiero. È il caso di Paolo che scrive ai Galati come una madre che partorisce (cfr Galati 4,12-20)». Ciò che stupisce il mondo della fede cristiana non è la fecondità “naturale”, ma quella divina, spirituale, opera dell’Amore che oltrepassa i confini. «La fecondità di Paolo si accosta a quella della Vergine, che un Angelo stupì tremendamente, dicendole: “Nulla è impossibile a Dio” ( Luca 1,37). Occorre che i cristiani – ha proseguito Virgili – ripensino oggi a questa loro vocazione originaria. La fecondità del sangue e del seme, della carne, delle coppie e delle famiglie con le loro tradizioni, eredità e discendenze, era benedizione di Dio e ciò resta, senza dubbio. Ma lo stupore viene da un’altra fecondità. Ancora in gran parte da scoprire».

Avvenire del 6 maggio 2019