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Statale, ma non gestita dallo Stato: solo un miraggio?

E' possibile immaginare delle scuole statali che, pur istituite dallo Stato, siano anche espressione della libera iniziativa dei cittadini, come accade per le paritarie?

L'autore prosegue la riflessione sulla dirigenza, iniziata l'8 aprile e
proseguita il 29 aprile scorso.
In due successivi interventi ospitati dal Sussidiario, ho provato a
individuare le molteplici complessità che limitano oggi l'efficacia
dell'azione dei dirigenti delle scuole statali. Chiudendo il
ragionamento, proponevo tre possibili linee di sviluppo: (1) sgravare il
dirigente scolastico dalle responsabilità di gestione amministrativoburocratica,
permettendogli di concentrarsi sulla didattica; (2)
rafforzare i poteri datoriali del dirigente e, specularmente, rivedere le
competenze degli organi collegiali; (3) rafforzare i ruoli di middle
management, le figure di docenti incaricati di coadiuvare il dirigente
nel governo della scuola.
Queste tre prospettive non sono radicalmente alternative le une alle
altre e, anzi, sono forse parzialmente conciliabili: è tuttavia utile
provare a isolarle e dedicarvi riflessioni autonome, per meglio
metterne a fuoco caratteristiche, rischi e opportunità. Partiamo
quindi dalla prima ipotesi, ovvero quella di sgravare i dirigenti
scolastici dalle responsabilità amministrative, permettendo loro di
concentrarsi sull'organizzazione della didattica.
Occorre innanzitutto dire che non si tratta di un'ipotesi inedita. Già
nel dibattito pre-autonomia era ben rappresentata l'idea che ai presidi
delle scuole autonome, provenienti dai ruoli della docenza, si dovessero
attribuire competenze in campo educativo e didattico, mentre bilancio
e gestione delle risorse finanziarie sarebbero dovuti andare a una
figura proveniente dalla carriera amministrativa.
Basti per questo un esempio: nella sua relazione alla Conferenza
nazionale sulla scuola, promossa nel 1990 dall'allora ministro della
Pubblica istruzione Sergio Mattarella, Sabino Cassese non soltanto
denunciò i limiti dell'apparato ministeriale che reggeva
centralisticamente la scuola statale italiana, ma seppe anche
prospettare quel disegno di autonomia delle scuole che avrebbe
trovato nella stagione del ministro Luigi Berlinguer la sua traduzione
legislativa.
Nell'intervento di Cassese si ritrovano tutte le parole d'ordine della
futura riforma: istruzione come servizio collettivo non più statale, ma
pubblico; attribuzione (non semplice delega) alle scuole dell'autonomia
didattica, organizzativa, amministrativa, contabile e di gestione del
personale; sostituzione del governo ministeriale con l'autogoverno delle
scuole. Delle proposte formulate da Cassese nel 1990, una soltanto non
ha poi trovato spazio nella successiva riforma Berlinguer, ed è proprio
quella che qui ci interessa: Cassese riteneva infatti necessario che al
vertice di ogni istituto vi fossero "due organismi, contrapposti, il
preside o direttore e l'amministratore, portatori ognuno di un
interesse pubblico diverso". Nel "Regolamento dell'autonomia" (DPR
275/99), invece, il responsabile amministrativo veniva collocato in
posizione subordinata rispetto al dirigente scolastico, nel quadro
dell'unità di conduzione che a questo doveva far capo: il dirigente è
quindi unitariamente responsabile tanto dell'offerta formativa, quanto
della gestione delle risorse finanziarie e di personale.
Esiste tuttavia anche in Italia almeno un modello di scuola autonoma e
pubblica nella quale responsabilità amministrativa e responsabilità
didattica sono attribuite a organi differenti, tra loro chiamati a
dialogare nella consapevolezza che, se comune è la finalità per la quale
si opera, diversi sono gli interessi immediatamente rappresentati: si
tratta delle scuole paritarie, nelle quali la figura del coordinatore
didattico e quella dell'amministratore sono separate secondo una
logica che sembra realizzare quella immaginata da Cassese quando
parlava di "organismi contrapposti" (che non significa nemici)
"portatori ognuno di un interesse pubblico diverso".
Nella scuola paritaria, al responsabile della didattica toccherà infatti
mettere innanzi a tutto il miglioramento costante dell'offerta
formativa e il suo adeguamento alle esigenze dell'utenza; al
responsabile dell'amministrazione spetterà invece mettere innanzi a
tutto il mantenimento dell'equilibrio finanziario, senza il quale la
scuola non potrebbe garantire l'erogazione del servizio. Interessi
diversi, entrambi di valenza pubblica (perché pubblico è il servizio che
contribuiscono a garantire), e contrapposti ma reciprocamente
necessari come due carte da gioco appoggiate l'una contro l'altra a
tenere in equilibrio la struttura del castello.
Verrebbe quindi da domandarsi se una sistemazione simile non possa
essere adottata anche nelle scuole statali, come a suo tempo
immaginava Cassese, permettendo ai dirigenti scolastici di essere
coordinatori didattici liberi da fardelli amministrativi. Prima di
provare a rispondere, occorre tuttavia proporre alcune considerazioni
sulla natura delle scuole statali e delle scuole paritarie.
La diversa organizzazione delle scuole paritarie rispetto alle statali è
legata alla diversa costituzione delle une e delle altre. La scuola
paritaria (e più in generale ogni scuola non statale) nasce infatti dal
basso, espressione dell'istanza di singoli cittadini o gruppi variamente
organizzati: che accada per ragioni ideali quali la volontà di creare
una scuola che risponda a un determinato modello educativo e
culturale, oppure per motivazioni di natura imprenditoriale, si tratta
in ogni caso dell'esercizio della libertà di insegnamento che sta tra i
diritti fondamentali della nostra Carta costituzionale. Le scuole statali,
invece, sono espressione del diritto costituzionale all'istruzione: esse
traggono la loro ragion d'essere nella necessità di garantire a ogni
bambino o ragazzo la possibilità di accedere a un'istruzione di qualità.
Le scuole statali sono quindi emanazione della Repubblica, che assolve
così all'obbligo di garantire istruzione a tutti; quelle paritarie sono
invece emanazione della società, che così esercita il suo diritto alla
libertà di istruzione.
La differenza tra la formazione di questi due tipi di scuole — statali e
non statali — non è irrilevante ai fini del differente assetto che esse
presentano quanto alla ripartizione delle responsabilità di vertice al
loro interno. Nelle scuole non statali l'amministrazione è in capo — in
maniera più o meno diretta — al soggetto che di quella scuola è il
proprietario (intendendo il termine in senso ampio, perché molteplici
sono natura e spirito di queste proprietà): il proprietario, attraverso
l'esercizio dell'amministrazione, si premura di garantire la durata nel
tempo della scuola e, individuando la figura del coordinatore
didattico, di dare orientamento e corpo all'offerta formativa. Il
coordinatore didattico opera quindi in un perimetro tracciato da un
soggetto altro — l'amministratore — il quale a sua volta ha interesse a
orientare l'offerta formativa secondo le esigenze dell'utenza cui tale
offerta è rivolta.
Le scuole statali non hanno alle spalle un soggetto privato di cui siano
emanazione: istituite dalla Repubblica e da questa direttamente
gestite e finanziate, esse sono di fatto prive di un proprietario
chiamato a garantire, attraverso l'amministrazione, il mantenimento
degli equilibri di bilancio al fine di assicurarne l'esistenza. Il dirigente
scolastico, pertanto, a differenza del coordinatore didattico delle
scuole paritarie, non ha una proprietà con cui dialogare e a cui
rispondere. Da questo punto di vista, la concentrazione nelle mani del
dirigente delle responsabilità amministrative oltre che didattiche
sembra derivare proprio dall'assenza di un soggetto proprietario cui
spetterebbe altrimenti la responsabilità di far quadrare i conti per
tenere in vita la scuola.
Ma è allora possibile immaginare delle scuole statali che, pur istituite
dallo Stato, siano anche espressione della libera iniziativa dei cittadini,
di modo che esista un soggetto altro dal dirigente scolastico cui
assegnare le responsabilità amministrative? La Costituzione in effetti
impegna la Repubblica a istituire scuole statali per tutti gli ordini e
gradi: istituire, non necessariamente gestire. Uno spazio
costituzionale per scuole istituite dalla Repubblica e affidate alla
gestione di altri soggetti, quindi, esiste: e dovrebbe esistere pertanto la
possibilità di percorrere questa via.
Come di consueto, ci proponiamo di parlarne in una prossima
riflessione.