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Fondi in ritardo: Scuole Paritarie in asfissia. AGeSC: ‘M5S e COBAS non devono dettare le regole della scuola’

Siamo molto preoccupati - conclude Gontero - e per cambiare registro serve piena attuazione del dettato costituzionale e della Legge 62/2000

Ci risiamo! L’anno scorso lo sblocco dei fondi alle scuole paritarie - che i grillini volevano di
recente ‘stornare’ per destinarli alle statali - avvenne alla fine di settembre. Di mezzo c’era il
ricorso di Aninsei. Quest’anno le cose non vanno meglio. A conclusione dell’anno scolastico il
decreto del Ministero delle Finanze è alla Corte dei Conti per la disamina. Se tutto andrà bene per metà luglio verranno sbloccati i fondi da destinare agli uffici scolastici regionali.

Nell’ipotesi più ottimistica i soldi potrebbero arrivare a metà agosto, altrimenti si arriverà a
settembre. Non ricevendo compensi fino a fine estate molti insegnanti saranno costretti a
lasciare le paritarie. È annunciato il ricorso di Aninsei, anche se quest’anno non verrà chiesta
la sospensione della liquidazione. Ma le scuole paritarie sono già allo stremo. Sono più di 350
gli istituti chiusi in 5 anni. Ed altri mancheranno all’appello a settembre. I 500 milioni da
sbloccare rappresentano un’inezia: 500 euro/anno per ogni allievo, contro i 7.000 di costo
annuo per lo Stato di un allievo alla statale. "Chiediamo che vengano chiusi tutti i diplomifici -
afferma Roberto Gontero Presidente AGeSC - ma al contempo vengano garantiti i diritti
costituzionali dei ragazzi e quelli dei genitori, di scegliere liberamente la scuola per i figli. I
sistemi scolastici statale e paritario devono essere virtuosamente concorrenziali. In Italia vince
il centralismo e le scuole paritarie agonizzano”. Siamo in fondo alle classifiche europee quanto
a libertà di scelta educativa. “Siamo molto preoccupati - conclude Gontero - e per cambiare
registro serve piena attuazione del dettato costituzionale e della Legge 62/2000. Se una
risorsa educativa come la scuola paritaria dovesse chiudere, lo Stato si troverebbe sul
groppone nuovi oneri per oltre 7 miliardi. Ne basterebbe uno per garantire il pluralismo
educativo presente in Europa. Invece arriva perennemente in ritardo il modesto contributo di
500 euro per allievo e sempre più spesso in alcune regioni i fondi rimangono invischiati nei
meandri di una burocrazia cieca e soffocante”.