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“Paritariofobia” e paura del pluralismo nell’educazione. E l’Italia affonda

Il nostro Paese è ancora saldamente ben lontano dall’affermazione della libertà di educazione, vittima di un ideologismo stantio, distante dalla qualità dell’istruzione che l’Europa pretende.

Italia Paese per vecchi. Dispersione scolastica al 15% ben lontana dall’obiettivo europeo del 10% entro il 2020, 18% in meno di iscrizioni all’università, 40% dei giovani laureati che non lavora, fughe in massa all’estero alla ricerca di un’autonomia sempre più improbabile nel nostro Paese. I dati appena pubblicati dalla Fondazione Migrantes sono allarmanti: 14mila giovani italiani soltanto in Australia (2014-15). La denatalità brucia le speranze di un ritorno al futuro. A tutto questo la nostra classe politica non trova argine, nemmeno quando dalle famiglie si levano appelli accorati ed inquieti. Martedì la Camera ha approvato 12 milioni di euro per il sostegno ai 12mila disabili della scuola paritaria, che da una parte è l’unica risposta al problema, dall’altra è l’unica ad essere penalizzata: no anche allo school bonus! I 12 milioni, spalmati, che non raggiungono i 100 euro al mese per ogni disabile, pagheranno gli insegnanti di sostegno. Nell’aula di Montecitorio non si è persa l’occasione per dimostrare di non conoscere questa realtà, e complessivamente quella della scuola paritaria pubblica. Il vezzo di definirla privata non muore mai, come il vizio di accusarla di drenare risorse destinate alla scuola statale, mentre fa risparmiare allo Stato 6 miliardi l’anno e i genitori-contribuenti che la scelgono pagano almeno il doppio tra tasse per un servizio scolastico non utilizzato e rette per i figli. L’onorevole Rubinato, presente alla Camera martedì e ieri per il report sulla libertà di educazione nel mondo, si è spinta ad affermare che «da una parte la Costituzione difende la libertà di scelta educativa, dall’altra manca l’attuazione delle riforme e la burocrazia statale periferica non sblocca le risorse che dovrebbero essere assegnate alle famiglie ». Uno scempio inaccettabile, consumato da «funzionari che andrebbero rimossi, perché fanno chiudere scuole che creano risparmio allo Stato». Per la precisione 625 in due anni, di cui 400 per l’infanzia. Colpi mortali inferti alla libertà di educazione, condannata dal 47° posto dell’Italia sui 136 dell’Unesco indagati. Eppure, come affermato da Alfred Fernandez, che con Luca Volonté ha presentato il report: «Un Paese che non garantisce questo diritto non può dirsi democratico». Per non parlare della mancanza di competitività di una scuola statalista e appiattita dalla mancanza di pluralismo. Impresentabile in Europa e largamente responsabile della negazione di un futuro di autonomia e realizzazione delle nostre giovani generazioni.
«E pensare che la nostra scuola primaria è considerata un’eccellenza a livello europeo – ha sottolineato Roberto Gontero presidente Agesc – ma 12 milioni di euro per il sostegno ai disabili, 76 euro all’anno per ogni figlio alla paritaria, 500 milioni complessivi per le scuole, sono gocce nel mare. Un timido segnale di inversione di tendenza che ci tiene aggrappati alla speranza».