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«Si impara a scuola e in famiglia il rispetto per l’altro come Persona»

Ci sono tragedie a cui non ci abitueremo mai, benché in questa società plasmata dall’immagine, dolore e tragedie compaiono e scompaiono alla velocità della luce, lasciandosi dietro una sorta di crescente “abitudine”, se non indifferenza, alla violenza e all’odio. Quella raccontata in questi giorni da giornali, radio, televisioni è una di queste; una storia amarissima, che ci provoca e interpella come genitori, come nonni, come uomini e richiama tutti ad un salto di qualità nella dimensione dell’essere e dell’esistere.

Lo ricordavamo in un recente articolo proprio da queste pagine di Avvenire quando abbiamo ragionato sulla brutalità delle immagini che entrano nelle nostre case, invadono le nostre vite e le nostre discussioni. E lo abbiamo fatto in riferimento a quanto può e deve fare oggi la “scuola”, quella che vogliamo pensare e per la quale ci battiamo, costruita attorno al Patto Educativo tra insegnati, genitori, studenti, dirigenti. Perché è nella scuola che noi abbiamo un alleato potente (come genitori) solo che lo vogliamo e per questo siamo disposti ad assumerci la responsabilità che ci compete. La vicenda della relazione amicale e affettiva fra Giulia e Filippo, potrebbe essere quella di due ragazzi delle nostre scuole; storia nella quale ogni nostro figlio potrebbe rispecchiarsi senza difficoltà.

Per questo oggi ne parliamo, vogliamo proporre una riflessione come Agesc, come genitori che nella scuola provano a spendersi con impegno e responsabilità. Nella lettera indirizzata ai suoi giovani studenti così scrive un preside di una scuola pubblica paritaria: «Nei giorni scorsi con i rappresentanti d’istituto ci siamo confrontati sulla necessità di affrontare in momenti particolari di formazione il tema dell’affettività, della passione d’amore, della relazione fra persone che si attraggono e si amano, ma possono anche vivere forti contrasti, di persone giovani che devono imparare il lin-guaggio dell’amore, la forza più terribile e travolgente della vita umana. Ci siamo resi conto che l’educazione non è un fenomeno per il quale valgano le leggi di causa ed effetto. Bisogna lavorare molto, in continuazione non solo con incontri e conferenze, ma con interventi nella vita quotidiana della scuola, nella fisiologia delle relazioni e in un atteggiamento di riflessione continua su quanto accade fra noi. La mentalità si cambia con i comportamenti, con il superamento degli schemi, con lo scardinamento di atteggiamenti istintivamente ereditati da livelli antropologici oggi non più esistenti. Nella Knowledge Society, la Società della Conoscenza, non valgono più i rapporti di forza e di paura, di supremazia e sottomissione, ma quelli di lealtà e trasparenza, di stima e disponibilità, di ascolto e condivisione.

Per arrivare a questo dobbiamo compiere un salto di qualità enorme. Uno psichiatra di grande competenza ha sottolineato come tenerezza e dolcezza, sensibilità e sentimento non siano segni di debolezza e ancor peggio tratti femminili che non si addicono agli uomini, ma siano caratteristiche proprie di una interiorità maschile evoluta, troppo scioccamente abbandonate e trascurate da una mentalità che vede ancora nel-la forza, nell’affermazione e nel successo il principio fondante di un’identità che non si rassegna ad essere valutata come inadeguata e superficiale da una cultura femminile spesso molto più forte e sicura di ogni pretesa di superiorità maschile. Ecco dovremmo arrivare a un punto in cui non vediamo il sesso, o, come si dice oggi, il genere, della persona con la quale dialoghiamo, collaboriamo, discutiamo, perfino ci scontriamo, nei limiti sempre della correttezza, ma vediamo la Persona, con le sue caratteristiche intellettuali, fisiche, relazionali. Senza questo passaggio resteremo ancorati a modelli arcaici fuori del tempo. La Persona in sé e per sé è un valore, con la sua irripetibile unicità e preziosa identità». Domani, all’interno del festival della Dottrina Sociale della Chiesa a Verona, ci sarà un incontro pubblico organizzato da “Esserci per Educare” organismo che riunisce le sigle della scuola pubblica (sia statale che paritaria) di cui Agesc fa parte. Si parlerà di scelta educativa, di educazione, con un’evidenza particolare riguardo la necessità di fare rete indispensabile per rafforzare il Patto Educativo Globale di cui papa Francesco sottolinea spesso l’importanza.

Se sapremo superare insieme le “ideo-logie”, se sapremo condividere e far crescere nei nostri figli e in noi la capacità di essere se stesso e se stessa; se sapremo far sì che ogni persona sia capace di farsi accettare per quello che è e accettare le altre persone per quello che sono, allora potremo dire che abbiamo iniziato a voltare pagina. Lo dobbiamo a noi stessi, ai nostri figli, alle Giulia e ai Filippo.

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Fonte:Avvenire