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La “rivoluzione” degli istituti tecnici, opportunità per famiglie e territori

La riforma “4+2” punta ad accorciare la distanza tra formazione e mondo delle professioni

Da ieri sono iniziate le iscrizioni al prossimo anno scolastico che, come abbiamo scritto venerdì scorso, si ripetono in una situazione di “disparità”, più che di parità come dovrebbe essere, fra scuole pubbliche statali e pubbliche paritarie. Nel panorama attuale c’è quest’anno però una novità che ha già cominciato a far discutere (e anche a dividere) e che invece dovrebbe a nostro avviso essere colta come una grande opportunità. Ci riferiamo al progetto sperimentale di riforma degli istituti tecnici e professionali il cui ciclo passerà, per gli istituti che ne faranno richiesta, dai classici 5 anni a un nuovo percorso caratterizzato da 4 anni di scuola secondaria di secondo grado e 2 anni di approfondimento specialistico post-secondario (o, meglio, terziario). Se ne è parlato molto e tanti genitori sicuramente avranno cercato di capirne di più per cogliere una possibile opportunità per i propri figli.

Di fondamentale importanza ci sembra un passaggio del Decreto istitutivo della sperimentazione. Uno di quei numerosi «visto e considerato» che si trovano prima del testo normativo vero e proprio, solitamente presi in esame dai soli specialisti estremi del diritto amministrativo. Lo riportiamo per intero, perché in esso sono spiegati con estrema chiarezza la natura e lo spirito di questa importante proposta: «Considerata la necessità di rendere strutturale il confronto e il raccordo con le filiere produttive e professionali di riferimento degli istituti tecnici e professionali, a livello nazionale e territoriale, con la creazione di una “filiera integrata” che raccordi, in un piano strategico comune, tutti i soggetti che erogano formazione di tipo professionalizzante, compreso le istituzioni formative accreditate dalle Regioni ai sensi del Capo III del decreto legislativo n. 226/2005, nel rispetto delle competenze delle Regioni in materia i contesti produttivi e i diversi stakeholder ». Le parole chiave sono, come è facile comprendere, “confronto”, “raccordo” “filiera integrata”, “piano strategico” e “rispetto delle competenze delle Regioni”. In poche righe sono concentrati anni e anni di discussioni e di dibattiti a livello di istituzioni scolastiche, associazioni di categoria, analisi sociologiche e seminari ministeriali. Con una soluzione nitida e precisa, vengono impartite dal decreto alcune istruzioni organizzative, il cui significato, ci pare, è il seguente: sono i territori, e di conseguenza le istituzioni che strategicamente e politicamente li rappresentano, i responsabili della formazione e della preparazione dei giovani in relazione alle specifiche caratteristiche produttive. Non possiamo più permetterci di agire senza una comune e integrata linea d’azione: aziende, regioni, province, istituzioni scolastiche, associazioni e raggruppamenti di categoria devono trovare un accordo per formare i giovani in coerenza con le reali possibilità di lavoro. La scuola si assume il compito di erogare la formazione culturale di base fino alla maggiore età, gli Its Academy devono potenziare e valorizzare mediante la più alta specializzazione tecnologica, quella preparazione. Le aziende, se vogliono sopravvivere, non possono sottrarsi all’impegno di partecipare alla fase formativa, che diventa quindi un investimento sul proprio personale tecnico del futuro. Non si tratta di una riforma da poco. Siamo di fronte, finalmente a un atto di coraggio, a una vera e propria riorganizzazione strutturale, che fa uscire il nostro Paese da un ritardo di almeno trent’anni, rispetto alle necessità reali dei sistemi sociali e produttivi. La responsabilità degli attori in campo è quindi altissima. Le Regioni, e le Province, devono guardare in faccia la loro realtà. Gli Istituti devono puntare alla qualità della formazione, come il Ministro ha nuovamente ribadito. Gli Its Academy, devono mantenere alto il loro prestigio, senza scadere maternalisticamente a “parcheggio” formativo o farsi sedurre dalla perniciosa tentazione di isolarsi in una torre d’avorio tecnologica. Tutti devono fare il loro dovere, perché i valori in campo sono enormi: il lavoro e la necessaria formazione per svolgerlo, le famiglie e il potenziamento dei redditi del nucleo, il futuro dei giovani, che sono la principale risorsa di questo Paese invecchiato e deluso. Certo: quando si inizia un percorso si ha sempre un po’ di paura, specie se caratterizzato da incertezze e da una certa preoccupazione circa la possibilità di raggiungere la meta. Ma una cosa è certa, se non si parte di sicuro non si arriverà.

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Fonte:Avvenire